venerdì 5 settembre 2014

Dura... disciplina

Direttamente dal campionato italiano 2013, ecco la squadra di braccia rubate al cinema a luci rosse



Squizzi

Del Grosso
Potenza
Peluso
(a disposizione: Paletta)

Muntari
Boateng
Vargas
Coda
(a disposizione: Durand, Cazzola)

Marilungo
Coda
Paloschi

mercoledì 3 settembre 2014

Ferrovie dello Stallo

dagli archivi sepolti, un pezzo di qualche anno fa...

F.S., Ferrovie dello Stato, penseranno in molti. In realtà, fonti autorevoli asseriscono che l’abbreviazione stia per Ferrovie dello Stallo, ma l’azienda si guarda bene dal renderlo noto perché altrimenti gli utenti saprebbero a cosa vanno incontro. Personalmente, ritengo che potrebbero benissimo chiamarsi anche Ferrovie dell’Ostaggio, dal momento che salire su un treno italiano è un po’ come essere sequestrati… si sa quando si sale, ma non si sa quando si scende.
In oltre otto mesi di frequentazione assidua di carrozze costruite nella notte dei tempi o di carrozze-loculo con i finestrini bloccati e l’aria condizionata-miraggio posso dire di aver raggiunto il limite della sopportazione. Da dove incominciare? La scelta è a dir poco imbarazzante.

I rimborsi. Fino a poco tempo fa le F.S. avevano istituito un meccanismo per valutare la qualità del servizio: se si scendeva al di sotto di un livello minimo, i passeggeri avevano diritto al rimborso del 10% degli abbonamenti. Ora la politica è cambiata. Niente più standard di qualità, né rimborsi, solo un tenero orsacchiotto di peluche regalato ai pochi fortunati che possono raccontare di aver terminato una corsa in treno in orario.

I ritardi. Ogni nuovo dipendente delle F.S. ha come primo dovere quello di imparare a memoria le regole del buon ferroviere: a) Le coincidenze esistono per essere perse; b) Se un treno arriva in orario vuol dire che il macchinista si è addormentato o ha bevuto in servizio; c) Un treno in ritardo è come un giovane in corriera, perché ha il dovere di cedere il posto a chiunque; d) Il ritardo è la regola, mentre la puntualità potrebbe spaventare i passeggeri poco abituati; e) E’ buona norma fermarsi prima di ogni stazione d’arrivo per consentire ai passeggeri di ammirare il paesaggio.
Un giorno, passeggiavo con un amico sulla banchina di una stazione; ad un certo punto si ferma un convoglio fischiettante, dal quale scendono numerosi anziani. “Che bello” osservo, “un treno speciale per una gita di pensionati!”. Al che si gira uno dei suddetti pensionati e mi fa: “Che pensionati e pensionati; siamo il treno di pendolari delle 16:44 partito da Reggio Calabria nel 1965. Dove ci troviamo? Mia moglie sarà preoccupata a quest’ora!”.

Il sovraffollamento. Per ben tre volte, dovendo partire per Milano la domenica pomeriggio, ho cercato di salire a Imola (ore 17:00) sull’interregionale proveniente da Ancona. Un consiglio: non fate mai qualcosa di così sconsiderato!! Il treno, ovviamente con un numero di vagoni ridotti rispetto al solito, era pieno fino all’inverosimile, tanto che della trentina di persone presenti in stazione non è riuscita a salirne nemmeno una. La reazione collettiva è stata quella di protestare con il capotreno; mossa inutile perché costui, con l’aria da ‘passavo di qui per caso’ si è limitato a dire: “cosa posso farci io!”. Lasciato il capotreno al suo infausto destino ci siamo recati a protestare in biglietteria, dove la funzionaria, nota comica di grido, ha pescato dal cilindro una battuta esilarante: “è colpa vostra… perché viaggiate tutti di domenica…”. Da quel giorno ho chiesto al mio datore di lavoro il permesso di fare spostare il week-end al mercoledì e al giovedì. Sto ancora aspettando una risposta nella mia comoda camera del manicomio.

Le facce di tolla. Agli esseri umani è consentito sbagliare? Secondo le F.S. no! Un giorno, in cui (lo ammetto) ero particolarmente stordito mi è capitato di timbrare per errore un nuovo abbonamento mensile l’ultimo giorno del mese precedente; il che equivale, di fatto, a rendere inservibile il suddetto abbonamento. Appena resomi conto dello sbaglio, mi sono recato in un deserto Ufficio Informazioni della stazione di Milano Centrale. Con calma, ho chiesto ad un corpulento omaccione se fosse possibile annullare il timbro per consentirmi di riutilizzare l’abbonamento. Risposta?!? “La cosa non è possibile perché lei ha già fatto un viaggio gratis con questo titolo di viaggio” (eh sì, perché biglietti e abbonamenti sono ‘titoli di viaggio’, acquistabili in borsa ad un tasso variabile dello 0,5%). Praticamente, è come se mi avesse dato dell’idiota, perché solo un idiota utilizzerebbe un biglietto da 62 euro per fare un viaggio che ne costa circa tre. Quando gli ho fatto notare la cosa da questo nuovo punto di vista il bonaccione brizzolato mi ha risposto: “lei mi ha fatto una domanda… e io le ho dato una risposta!”. No comment. Inutile dire che il giorno successivo, rivolgendomi, ad un funzionario che si ricordava di essere un umano, ho ottenuto senza battere ciglio l’annullamento del timbro.

I pinguini e l’equatore. Un viaggio in treno equivale ad un giro del mondo in meno di un’ora e… cosa miracolosa… sempre sullo stesso tragitto. D’inverno i treni tendono ad essere un po’ freddi, perché il riscaldamento è un lusso che le F.S. non hanno ancora deciso di concederci. E non lo dico io, ma i vari pinguini e orsi polari che, da tempo insediatisi sulle carrozze ferroviarie, sostengono di non essere avvezzi a temperature così rigide.
D’estate la musica cambia e ai felici passeggeri viene concesso un salto spaziale all’equatore, dove, tra miraggi di stazioni d’arrivo e di viaggi puntuali, i più decidono di prendere la residenza sul regionale delle 19:20. Per le ferrovie dello stallo (o ferrovie dell’ostaggio, se preferite) aria condizionata è un curioso accostamento di vocaboli che ancora non ha significato: mah, diavolerie della moderna tecnologia.

Le rotture. Qui, il doppio senso è un po’ scontato, ma per rotture intendo soprattutto quelle del famigerato “materiale rotabile”. Quando i ferrovieri combinano casini, si affrettano a dare la colpa al misterioso “materiale rotabile”, che molti considerano il vero padrone oscuro dell’azienda. In realtà ho scoperto a mie spese che è vero: il materiale rotabile si rompe!!! Cosa alquanto strana, trattandosi di macchinari costruiti appena trenta anni fa. Il bello è che se si rompe un treno, a pagare sono soprattutto gli altri convogli. Si creano ingorghi, ritardi, deviazioni, soppressioni, in una catena di Sant'Antonio che non ha mai fine. Narra la leggenda che una volta le Ferrovie Italiane siano riuscite a creare una fila di 12 convogli, bloccando il traffico cittadino in ben sette località e finendo per dirottare alcuni vagoni al più vicino aeroporto, dove ancora oggi stanno tentando di decollare. Solo dopo questo trambusto ad un brillante ferroviere è venuto in mente di risolvere il problema facendo ricorso all’altro binario (toh, ce n’erano due e nessuno lo sapeva?). Una mossa veramente temeraria, perché in questo modo i treni circolanti in uno dei due sensi di marcia sarebbero diventati tutti ILLEGALI (Gli illegali sono i treni che tengono la destra invece della sinistra, NdR). E così, viaggiando nell’ombra e coperti da ridicoli passamontagna, i viaggiatori illegali hanno potuto raggiungere le loro dimore illegali, per consumare con le famiglie dei pasti illegali, guardando delle trasmissioni televisive illegali.

Gli scioperi. Voglio rivolgere un’accorata domanda a tutti i ferrovieri-lettori. D’accordo lottare per i vostri diritti. D’accordo protestare contro un’azienda che non funziona. D’accordo richiedere la solidarietà dei cittadini che si spostano in treno. D’accordo tutto quanto. Ma perché scioperate sempre di venerdì?????!!!!