dagli archivi sepolti, un pezzo di qualche anno fa...
F.S., Ferrovie dello Stato, penseranno in molti. In
realtà, fonti autorevoli asseriscono che l’abbreviazione stia per Ferrovie dello
Stallo, ma l’azienda si guarda bene dal renderlo noto perché altrimenti gli
utenti saprebbero a cosa vanno incontro. Personalmente, ritengo che potrebbero
benissimo chiamarsi anche Ferrovie dell’Ostaggio, dal momento che salire su un treno
italiano è un po’ come essere sequestrati… si sa quando si sale, ma non si sa
quando si scende.
In oltre otto mesi di frequentazione assidua di carrozze
costruite nella notte dei tempi o di carrozze-loculo con i finestrini bloccati
e l’aria condizionata-miraggio posso dire di aver raggiunto il limite della
sopportazione. Da dove incominciare? La scelta è a dir poco imbarazzante.
I rimborsi. Fino a poco tempo fa le F.S. avevano
istituito un meccanismo per valutare la qualità del servizio: se si scendeva al
di sotto di un livello minimo, i passeggeri avevano diritto al rimborso del 10%
degli abbonamenti. Ora la politica è cambiata. Niente più standard di qualità,
né rimborsi, solo un tenero orsacchiotto di peluche regalato ai pochi fortunati
che possono raccontare di aver terminato una corsa in treno in orario.
I
ritardi.
Ogni nuovo dipendente delle F.S. ha come primo dovere quello di imparare a
memoria le regole del buon ferroviere: a) Le coincidenze esistono per essere
perse; b) Se un treno arriva in orario vuol dire che il macchinista si è
addormentato o ha bevuto in servizio; c) Un treno in ritardo è come un giovane
in corriera, perché ha il dovere di cedere il posto a chiunque; d) Il ritardo è
la regola, mentre la puntualità potrebbe spaventare i passeggeri poco abituati;
e) E’ buona norma fermarsi prima di ogni stazione d’arrivo per consentire ai
passeggeri di ammirare il paesaggio.
Un
giorno, passeggiavo con un amico sulla banchina di una stazione; ad un certo
punto si ferma un convoglio fischiettante, dal quale scendono numerosi anziani.
“Che bello” osservo, “un treno speciale per una gita di pensionati!”. Al che si
gira uno dei suddetti pensionati e mi fa: “Che pensionati e pensionati; siamo
il treno di pendolari delle 16:44 partito da Reggio Calabria nel 1965. Dove ci
troviamo? Mia moglie sarà preoccupata a quest’ora!”.
Il
sovraffollamento. Per ben tre volte, dovendo partire per Milano la domenica pomeriggio,
ho cercato di salire a Imola (ore 17:00) sull’interregionale proveniente da
Ancona. Un consiglio: non fate mai qualcosa di così sconsiderato!! Il treno,
ovviamente con un numero di vagoni ridotti rispetto al solito, era pieno fino
all’inverosimile, tanto che della trentina di persone presenti in stazione non
è riuscita a salirne nemmeno una. La reazione collettiva è stata quella di
protestare con il capotreno; mossa inutile perché costui, con l’aria da
‘passavo di qui per caso’ si è limitato a dire: “cosa posso farci io!”.
Lasciato il capotreno al suo infausto destino ci siamo recati a protestare in
biglietteria, dove la funzionaria, nota comica di grido, ha pescato dal
cilindro una battuta esilarante: “è colpa vostra… perché viaggiate tutti di
domenica…”. Da quel giorno ho chiesto al mio datore di lavoro il permesso di
fare spostare il week-end al mercoledì e al giovedì. Sto ancora aspettando una
risposta nella mia comoda camera del manicomio.
Le
facce di tolla.
Agli esseri umani è consentito sbagliare? Secondo le F.S. no! Un giorno, in cui
(lo ammetto) ero particolarmente stordito mi è capitato di timbrare per errore
un nuovo abbonamento mensile l’ultimo giorno del mese precedente; il che
equivale, di fatto, a rendere inservibile il suddetto abbonamento. Appena
resomi conto dello sbaglio, mi sono recato in un deserto Ufficio Informazioni
della stazione di Milano Centrale. Con calma, ho chiesto ad un corpulento
omaccione se fosse possibile annullare il timbro per consentirmi di
riutilizzare l’abbonamento. Risposta?!? “La cosa non è possibile perché lei ha
già fatto un viaggio gratis con questo titolo di viaggio” (eh sì, perché
biglietti e abbonamenti sono ‘titoli di viaggio’, acquistabili in borsa ad un
tasso variabile dello 0,5%). Praticamente, è come se mi avesse dato
dell’idiota, perché solo un idiota utilizzerebbe un biglietto da 62 euro per
fare un viaggio che ne costa circa tre. Quando gli ho fatto notare la cosa da
questo nuovo punto di vista il bonaccione brizzolato mi ha risposto: “lei mi ha
fatto una domanda… e io le ho dato una risposta!”. No comment. Inutile dire che
il giorno successivo, rivolgendomi, ad un funzionario che si ricordava di
essere un umano, ho ottenuto senza battere ciglio l’annullamento del timbro.
I
pinguini e l’equatore. Un viaggio in treno equivale ad un giro del mondo in meno di un’ora
e… cosa miracolosa… sempre sullo stesso tragitto. D’inverno i treni tendono ad
essere un po’ freddi, perché il riscaldamento è un lusso che le F.S. non hanno
ancora deciso di concederci. E non lo dico io, ma i vari pinguini e orsi polari
che, da tempo insediatisi sulle carrozze ferroviarie, sostengono di non essere
avvezzi a temperature così rigide.
D’estate
la musica cambia e ai felici passeggeri viene concesso un salto spaziale
all’equatore, dove, tra miraggi di stazioni d’arrivo e di viaggi puntuali, i
più decidono di prendere la residenza sul regionale delle 19:20. Per le
ferrovie dello stallo (o ferrovie dell’ostaggio, se preferite) aria
condizionata è un curioso accostamento di vocaboli che ancora non ha
significato: mah, diavolerie della moderna tecnologia.
Le
rotture.
Qui, il doppio senso è un po’ scontato, ma per rotture intendo soprattutto
quelle del famigerato “materiale rotabile”. Quando i ferrovieri combinano
casini, si affrettano a dare la colpa al misterioso “materiale rotabile”, che
molti considerano il vero padrone oscuro dell’azienda. In realtà ho scoperto a
mie spese che è vero: il materiale rotabile si rompe!!! Cosa alquanto strana,
trattandosi di macchinari costruiti appena trenta anni fa. Il bello è che se si
rompe un treno, a pagare sono soprattutto gli altri convogli. Si creano
ingorghi, ritardi, deviazioni, soppressioni, in una catena di Sant'Antonio che non
ha mai fine. Narra la leggenda che una volta le Ferrovie Italiane siano
riuscite a creare una fila di 12 convogli, bloccando il traffico cittadino in
ben sette località e finendo per dirottare alcuni vagoni al più vicino
aeroporto, dove ancora oggi stanno tentando di decollare. Solo dopo questo
trambusto ad un brillante ferroviere è venuto in mente di risolvere il problema
facendo ricorso all’altro binario (toh, ce n’erano due e nessuno lo sapeva?).
Una mossa veramente temeraria, perché in questo modo i treni circolanti in uno
dei due sensi di marcia sarebbero diventati tutti ILLEGALI (Gli illegali sono i
treni che tengono la destra invece della sinistra, NdR). E così, viaggiando
nell’ombra e coperti da ridicoli passamontagna, i viaggiatori illegali hanno
potuto raggiungere le loro dimore illegali, per consumare con le famiglie dei
pasti illegali, guardando delle trasmissioni televisive illegali.
Gli scioperi. Voglio rivolgere un’accorata domanda a tutti i ferrovieri-lettori.
D’accordo lottare per i vostri diritti. D’accordo protestare contro un’azienda
che non funziona. D’accordo richiedere la solidarietà dei cittadini che si
spostano in treno. D’accordo tutto quanto. Ma perché scioperate sempre di
venerdì?????!!!!