domenica 28 aprile 2013

Nuovo Governo a tutto PD

Leggendo i nominativi dei nuovi Ministri appare evidente la strategia intimidatoria del PD nei confronti dell'ormai ventennale avversario Silvio Berlusconi. Piazzando i propri uomini e le proprie donne nei ruoli chiave il Partito di Letta e compagni ha lanciato un messaggio inequivocabile: questa volta si fa sul serio. Vediamo, caso per caso, il perché.

GRAZIANO DELRIO - Ministro agli Affari Regionali
Tutti i Presidenti delle Regioni avrebbero già commentato: ai nostri affari pensiamo da soli. Per tutta risposta Delrio avrebbe esclamato: nessuno mi aveva avvertito che le Regioni erano 20...

ANDREA ORLANDO - Ministro dell'Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare
Strappare questo Ministero alla destra deve essere stata una autentica battaglia; tra i primi provvedimenti del nuovo Ministro, infatti, è prevista la riforestazione con piante carnivore della boscaglia intorno ad Arcore, atto per il quale la stessa Unione Europea ha promesso di vigilare con fermezza.

JOSEFA IDEM - Ministro delle Pari opportunità, dello Sport e delle Politiche giovanili
Qui la minaccia diventerà presto realtà. Già pronta la norma che prevede la partenza con handicap di cinque punti per il Milan nei prossimi 10 campionati. Berlusconi sarebbe fuori della grazia di Dio e avrebbe minacciato di clonare Moggi come ritorsione.

CECILE KYENGE - Ministro per l'Integrazione.
A Berlusconi e i suoi, raccontano voci interne alle stanze del potere, non è andata proprio giù l'impossibilità di potersi occupare in prima persona dei problemi di sovraffollamento dei centri di accoglienza. Ora tutti temono le prime mosse del neo-Ministro, ma c'è già chi è pronto a giurare che verrà presto ricostruito l'esercito della Legione Straniera di stanza ad Agrate Brianza.

DARIO FRANCESCHINI, Ministro per i Rapporti con il Parlamento.
Dopo averlo visto affrontare con temerarietà una folla inferocita che lo aspettava fuori dal risotrante, i più fedeli sodali del Cavaliere già lo immaginano armato di scimitarra ad amputare mani a tutti i dissidenti che non voteranno le Grandi Riforme proposte dal PD.

FLAVIO ZANONATO, Ministro dello Sviluppo economico.
Appena vista la sua nomina per tutto il transatlantico si è sentito un grido unanime: ehi, ma qui ci deve essere stato un errore di allineamento della lista!!!!




Governissimo

Governissimo. Ovvero il solo modo che ha il PD di creare qualcosa di superlativo

sabato 27 aprile 2013

Riforme e riduzione della spesa

Scoperto il nuovo progetto di riforma costituzionale: ridurre il numero di parlamentari trasformandoli in Ministri

mercoledì 24 aprile 2013

Medicine

Sacconi: "bisogna rimettere liquidità nelle famiglie.... Avanti con le purghe!"

Inciucio?

Il PD garantisce di non volere un Governo con Berlusconi? Li prenderemo alla LETTA

Nuovo Governo

Sta per arrivare il temibile governo di SAGGI...NA che con polso fermo spazzerà via tutti i nostri problemi

lunedì 22 aprile 2013

London Calling. Il richiamo potente del Rock inglese

Era il 1993 e frequentavo ancora il liceo. I miei consumi musicali, educati da uno zio chitarrista, spaziavano dall’hard rock americano (Mr. Big e Rainbow, tanto per citarne un paio) al glam metal (alla Extreme per intenderci), passando per massicce dosi di progressive rock (Pink Floyd su tutti.. chi non ci è passato?). Il primo genere in cui mi ero tuffato individualmente, cioè senza la mediazione di qualcuno, era stato il Grunge: suono più viscerale e immediato del Prog, ma comunque tutt’altro che gioioso; anzi, direi proprio cupo, riflessivo, con vaghe (neppure troppo) tendenze al nichilismo e all’autodistruzione. Ben presto mi era venuta voglia di cambiare aria, di sperimentare qualcosa di decisamente nuovo, di andare un po’ contro la corrente del periodo.
Quale genere mi avrebbe consentito di riuscirci e, per di più, di farlo con un deciso cambio di rotta verso tutt’altre atmosfere musicali? Li vedevo già i volti dei miei amici musicisti che, incurvando leggermente le labbra verso il basso a mo’ di riprovazione, avrebbero energicamente scosso la testa emettendo dei suoni simili ad un “mah”, il tutto con sullo sfondo i loro accordi cupi e minori. E nell’ambito di quel “nuovo” genere, da cosa partire? La scelta fu del tutto casuale: London Calling dei Clash. Un cd in cui mi ero imbattuto durante una battuta di caccia nel negozio di dischi dove lavorava il più classico degli amici: un dj.
Fu un’autentica rivelazione. Già al secondo passaggio ero incapace di restare fermo. Energia pura, adrenalina al massimo livello, difficoltà a scegliere quali fossero i brani migliori: ad ogni ascolto scoprivo qualcosa di nuovo e di coinvolgente che modificava le certezze e le gerarchie sino ad allora createsi; ben presto tutti i brani mi sembrarono ugualmente efficaci, senza che vi fossero, cosa rara, i classici riempitivi per far numero. Ero assolutamente colpito da quel mix di garage, reggae, pop e di dance rock che a partire dal 1979 avrebbe influenzato gran parte della musica a venire, talmente colpito che iniziai subito a scrivere una recensione del disco per convincere un amico scettico ad ascoltarlo almeno una volta. C’era tutto quello che mi poteva piacere e che faceva così tanto rock: la voce cartavetrosa di Strummer, i testi tipicamente working class e di denuncia sociale altamente ironici, la sezione ritmica in continua evoluzione e fatta apposta per urlarci e ballarci sopra, persino la copertina-icona con il bassista che sfasciava allegramente il proprio strumento sul palco.

Da quella che fu un’infatuazione puramente emotiva e “di gusto” iniziò un percorso di maggiore conoscenza del Punk e dei Clash in particolare. Percorso che mi ha portato a scoprire come Joe Strummer fosse una sorta di predestinato, poco dotato musicalmente, con una voce non proprio melodica, ma naturalmente carica di energia e, soprattutto, piacevolmente “svogliata”. Oppure che Topper Headon, il batterista, proveniva dal mondo del jazz, aspetto che solo apparentemente può risultare strano ma che, ad un ascolto attento dei brani, acquista invece pienamente un senso.

Insomma, i Clash non erano assolutamente quegli strimpellatori (a dispetto del nomignolo del leader) capaci unicamente di cavalcare l’onda del momento, quanto dei bravi musicisti ispirati dalla tradizione avviata dai Sex Pistols, ma, a differenza di questi, in grado di durare quel tanto che bastava per sperimentare e lasciare una traccia indelebile nella storia della musica.

Ed ecco che a distanza di tempo non mi stupisco affatto di vedere l’album all’ottavo posto nella classifica dei migliori 500 dischi della storia dell’autorevole rivista Rolling Stone, unico a poter contendere lo scettro agli eterni (e soliti) mostri sacri chiamati Beatles, Bob Dylan, Beach Boys e Rolling Stones.
Non c’è che dire. London Calling, anche a distanza siderale, resta uno dei miei album preferiti. Il punk è un’attitudine nei confronti della vita e i Clash hanno dimostrato che può anche essere distruzione gioiosa che prepari il terreno ad una ricostruzione. E’ denuncia non nichilista. E’ quella parte di noi stessi che non si accontenta e che si ribella, incominciando dalla critica feroce del proprio tempo e dei propri costumi. C’è un po’ di punk in tutti voi e se ascolterete London Calling vedrete che verrà fuori.

Orgoglio italico

E improvvisamente mi riscopro italiano e commento.... beh, che se magna stasera?

E improvvisamente mi riscopro comunista italiano e commento.... beh, chi se magna stasera?